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lunedì 28 giugno 2010

LA CRITICA TELEVISIVA – INCONTRO CON ANTONIO DIPOLLINA

L’ultimo incontro delle iniziative su temi specifici organizzate dalla Prof.ssa Cherubini è stata incentrata sulla critica televisiva e ha visto la partecipazione onorevole di Antonio Dipollina, giornalista di Repubblica che si occupa di critica televisiva.
Il suo intervento è risultato particolarmente interessante per la platea che lo ascoltava in quanto è riuscito a cogliere, in una visione d’insieme, gli elementi di novità che negli ultimi decenni hanno interessato il mondo radio-televisivo.
Tutta la serie di incontri ha affrontato il tema del “vanishing newspaiper” inserendolo in ambiti precisi, dal giornalismo locale, a quello sportivo, dall’avvento delle redazioni online alle storiche redazioni dei “cartacei”.
L’avvento di internet e dei giornali on-line ha comportato una crisi profonda del giornale tradizionale. Le teorie sono pessime, tanto che Meyer, famoso studioso del settore, prevede che tra i primi quotidiani che scompariranno ci sarà lo storico Times. La missione sembra pertanto quella di salvare il giornalismo nell’era dell’informazione di massa, e sembrano due le strade possibili:
• attraverso l’uso della freepress, ossia dei giornali gratuiti che si distribuiscono specialmente nelle grandi città e metropoli;
• attraverso l’avvento massiccio delle redazioni online, che possono spesso sopperire alla mancanza di informazione, o alla crisi della testata cartacea.
Di qualsiasi tipo esso sia, il giornalismo deve però tenere fede ai tre assiomi fondamentali della
1. qualità delle notizie;
2. accuratezza nella ricerca delle fonti;
3. credibilità della notizia.
Il giornalismo italiano sembra ormai preda inerme della crisi, tanto che i dati del Censis danno i lettori abituali del cartaceo dal 54% al 34,5% nel biennio 2007-2009, con perdite pesanti delle grandi testate come Corriere Della Sera e Il Sole 24 Ore.
In Usa si discute già della possibilità di obbligare anche il “consumatore” del sito a pagare una sorta di abbonamento per accedere in pieno alle funzionalità del sito, anche se alcuni esperimenti effettuati già nel 2007 hanno visto come l’opzione a pagamento avesse ridotto di molto i click al sito.
È necessario pertanto riflettere seriamente sul futuro che attende il mondo del giornalismo, quel mondo che nella storia è stato determinante per lo sviluppo di una coscienza sociale e politica.
Affiancato e non meno importante al tema del vanishing troviamo anche quello della libertà di stampa di cui oggi si discute molto.
Occorre sin da subito porre l’accento sul fatto che la classifica di Reporter sans Frontier pone l’Italia al 40esimo posto superata da paesi latinoamericani come Ecuador, Uruguay, Paraguay, Cile ed El Salvador, oltre che da Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia.
Posizione un po’ bassina per un paese libero e occidentale, che siede a pieno titolo nelle conferenze del G8 e che deve confrontarsi con i vicini europei, veri porta voci di libertà di stampa.
Strettamente collegati a tale tema sono poi i problemi legati al rispetto della legge sulla par condicio in periodo elettorale, le numerose ( e a mio personale avviso giuste ) polemiche sollevate sulla linea editoriale del direttore del tg1 Minzolini, e i provvedimenti che vedono la soppressione della trasmissione di Santoro AnnoZero e la messa in dubbio del programma Parla con Me della Dandini, per non dimenticare la neo approvata Legge Bavaglio che pone il veto sulla pubblicazione delle intercettazione e limita in maniera autoritaria l’operato dei giornalisti e dei giornali.
Dopo questa ricca introduzione della prof.ssa Cherubini, l’intervento di Dipollina si è incentrato maggiormente sulle innovazioni tecnologiche, ma non solo, che hanno completamente cambiato il mondo della critica radiotelevisiva.
Dipollina è oggi membro della redazione online di Repubblica e si occupa principalmente di radio-televisione.
Repubblica è una delle testate nazionali che per prima ha aperto il suo sito online e si mostra particolarmente interessata a tenersi aggiornata alle nuove frontiere dell’informazione.
Ha cominciato difatti nell’ultimo periodo a predisporre anche podcast scaricabili per I-pod e I-pad.
Dipollina ci ricorda come in tempo di crisi l’abilità dei giornalisti, e in generale della testata, sia quella di fare i conti con le trasformazioni sempre più veloci che l’era dell’informazione e della tecnologia presenta agli operatori del settore.
Nonostante ciò va sottolineato, come ci ricorda l’ospite, che non è la quantità che fa la differenza bensì la qualità.
Non ci si riferisce solamente alla quantità di libertà, ma anche e soprattutto alla quantità di notizie e di improvvisati giornalisti, blogger che si improvvisano cronisti e che spesso non brillano di certo per la qualità della loro opera.
Su internet c’è poco controllo e chiunque può dire la sua su una notizia, un fatto di cronaca o politica, eppure vanno considerati anche i messaggi, l’autorevolezza e il contenuto di quell’opera di informazione.
Il cartaceo e/o la redazione online della testata sono gli unici veramente in grado di soddisfare onestà e correttezza e soprattutto di rispondere a quel patto informale che vige tra chi informa e chi viene informato che si basa proprio su quei principi di buon giornalismo elencati in precedenza.
L’Italia vive oggi un periodo nero per quanto riguarda il mondo del giornalismo e dell’informazione, il nostro Paese non deve fare i conti solo con la crisi mondiale del giornale cartaceo sempre più spodestato dall’online, ma deve anche confrontarsi con un governo sicuramente poco aperto alla libera informazione.
Il grave conflitto di interessi del Presidente del Consiglio comporta uno stallo nell’evoluzione dei diritti civili e di libertà che ha fatto precipitare l’Italia nella classifica di RSF.
A conferma della poca apertura della politica nazionale si aggiunge la neo-approvata Legge Bavaglio ( approvata con l’ennesima fiducia parlamentare ) che pone il veto sulle intercettazioni.
Il problema che si solleva, a mio avviso, è sulla reale attuazione di questa legge fortemente liberticida.
Quello che non potrà essere pubblicato dai giornali o dagli editori, potrebbe venire pubblicato online su internet, a quel punto come reagirà il governo? Attraverso l’oscuramento dei siti come avviene nei Paesi più arretrati come Cina o Iraq? Ma soprattutto come si comporterà con gli editori e i giornali esteri che continueranno a pubblicare quello che più ritengono opportuno per informare i loro lettori?
Per non parlare poi delle numerose ingerenze politiche anche nell’ambito della televisione, dove vengono cancellati o momentaneamente soppressi programmi di approfondimento politico poco graditi a questo o a quel politico.
Siamo di fronte ad una crisi generale del mondo della cultura e del sapere che colpisce giornali, programmi tv, scuole e università.
Siamo di fronte ad una distruzione della cultura in tutti i suoi ambiti; siamo di fronte ad una passivizzazione della popolazione.
A questo proposito solo i giornali possono aiutare ognuno di noi a risvegliarci da una generale apatia e disaffezione al mondo della politica e della lotta per i nostri diritti, a far si, come nell’800, che ognuno di noi riacquisti il suo ruolo naturale di zoon politikon, così come Aristotele ce lo aveva presentato.
È proprio per questo che oggi bisogna lottare affinché le grandi testate riescano a superare l’ombra nera del vanishing newspaiper.

venerdì 21 maggio 2010

Tutti gli uomini hanno pari opportunità, ma qualche uomo è più pari degli altri.

“Bella ma disumana come la matrigna di Cenerentola”.

Si apre così l’articolo di Caterina Pasolini su LA REPUBBLICA del 20 maggio 2008.

Peccato che non si stia parlando né di una nota attrice teatrale o cinematografica né di una cantante che solca i palchi della scena internazionale.

Il pomo della discordia è MARA CARFAGNA la neo eletta ministra delle Pari Opportunità che copre il ruolo già occupato da Barbara Pollastrini nel precedente governo di centro-sinistra.

La Carfagna afferma di essere completamente contraria ad ogni riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali.

Ma questo in realtà lo sapevamo già: quando nella passata legislazione aveva organizzato il suo primo seminario “Donna, vita e famiglia”, aveva additato le coppie omosessuali come “costituzionalmente sterili”, difendendo, secondo il suo punto di vista, “il fondamento della famiglia”, osservando che “per volersi bene il requisito fondamentale è poter procreare”(le citazioni sono prese da articoli de LA REPUBBLICA presenti sul sito della testata nazionale).

Non ancora soddisfatta, per scongiurare ogni ombra del pericolo di essere scambiata per gay friendly, aveva sottolineato che “non c'è nessuna ragione per la quale lo Stato debba riconoscere le coppie omosessuali, visto che costituzionalmente sono sterili".

Oggi occupando un ruolo di primo piano nella scena politica italiana non poteva perdere l’occasione per sottolineare il suo essere, perdonatemi l’espressione ma non trovo altre parole, BIGOTTA.

È possibile giudicare l’amore e l’affetto tra due persone, siano esse dello stesso sesso o di sesso diverso, solo dal fatto che siano o meno sposate o che possano o meno avere figli?

Come è possibile nel 2008 negare una realtà che esiste ed è reale con una “politica miope ed ingannevole” come quello della neo ministra?

Già nel corso del seminario del 2007 l’allora deputata del Prc Vladimir Luxuria le aveva ricordato che l’unica vera discriminante per decidere chi è coppia o no, "non è la benedizione in chiesa o il matrimonio civile ma la presenza di amore, rispetto e cura per l'altro".

Anche Franco Grillino aveva detto la sua sull’argomento osservando come "non avendo alcun argomento contro il riconoscimento dei diritti alle famiglie gay, la destra italiana con il suo esercito di veline, divorziati e conviventi rispolvera i luoghi comuni e le battute da osteria del più trito razzismo antigay".

Oggi all’indomani della nomina della ministra-miss le posizioni sono rimaste all’incirca le stesse, visto che le associazioni gay capeggiate in primis da ArciGay la dipingono come la matrigna di Cenerentola o addirittura come "una bella addormentata che dice falsità e che vive nel mondo delle favole dove i gay non sono discriminati".

Franco Grillini riprende le posizioni già espresse, così come l’ex deputata transgender Vladimir Luxuria che rinfaccia seccamente alla Carfagna che il suo ministero, se un ministero delle Pari opportunità "non intende assolvere al compito di dare e garantire pari opportunità" è quindi "un ministero inutile".
Quello che invece mi sconvolge, e che ancora non riesco a comprendere se sia un fatto positivo o inquietante, è che oggi le critiche alla Mara nazionale vengono addirittura dal suo stesso schieramento e precisamente da ALESSANDRA MUSSOLINI.

“con il muro contro o muro non si fa da nessuna parte ci vuole dialogo, non esclusione a priori", queste le parole dell’ex leader di Azione Sociale oggi onorevole nelle file del Pdl, lasciata a bocca asciutta senza alcun ruolo nella squadra di governo (forse è questo il reale motivo per cui si scaglia contro la collega di partito ormai entrata nel cuore del Cavaliere).

Eppure la Carfagna si preoccupa di rispondere solo all’unica voce che non fa parte del parlamento, quella di Vladimir Luxuria, a cui però si riferisce utilizzando il nome anagrafico, effettuando una scelta a mio avviso di cattivo gusto e di svilimento non solo della libertà individuale ma soprattutto delle scelte che ogni singolo, fino a prova contraria, è libero di fare, cioè quella di effettuare un cammino per cambiare sesso, "Il signor Vladimiro Guadagno confonde il ministero per le Pari Opportunità con l'ufficio stampa e propaganda del movimento".

Il problema non è confondere in ministero con un ufficio stampa, il problema e che, per dirlo alla Orwell di Animal Farm, “tutti gli uomini hanno pari opportunità, ma qualche uomo è più pari degli altri”.

E non si può accettare che a ragionare in questo modo così arcaico sia proprio chi è chiamato ad interessarsi delle Pari Opportunità, chi ha avuto l’incarico di occupare un ministero che dovrebbe essere il baluardo della laicità dello Stato.

I padri costituenti hanno inoltre sottolineato, nell’articolo 3, che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Nonostante tutto bisogna ricordare anche l’articolo 29 che recita “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare”.

Ma i gay non hanno bisogno di aver riconosciuto il matrimonio, vogliono essere riconosciuti come coppia come unità familiare.

E con famiglia intendo come nucleo familiare, come persone che si uniscono e decidono di con-vivere, nel senso di vivere insieme, affrontando insieme tutti gli ostacoli della vita.

Chi siamo noi per giudicare se due persone formano o no una famiglia, chi per dire che i diritti spettano solo agli eterosessuali, chi per far finta di non vedere che le discriminazioni ci sono e che sono anche tante.

E allora cara ministra le vorrei ricordare che lei occupa un ruolo di tutto rispetto, che ha altrettanti doveri e responsabilità.

Fino a prova contraria il suo ministero si chiama Pari Opportunità, senza alcuna distinzione di nessun tipo, pertanto dovrebbe essere più rispettosa nei confronti di chi non solo è additato da una società ancora chiusa ideologicamente ma che nel contempo si batte per aver riconosciuti dei diritti che a mio avviso gli spettano senza alcun dubbio.

Invece di scagliarsi ad occhi chiusi contro la 194 o il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, cerchi di entrare nell’ottica che essere ministro della Repubblica Italiana, perché vorrei ricordare che si chiama ancora così, significa spesso mettere da parte le proprie credenze politiche personali per fare quello di cui la società, composta da chi l’ha eletta, ma anche da chi non l’ha fatto, ha bisogno.

E forse per quanto riguarda la sua materia c’è bisogno di una politica che miri ad ascoltare chi di discriminazioni ne ha subite troppe e vorrebbe soltanto sentirsi uguale agli altri almeno per quanto riguarda i suoi diritti.

Si ricordi inoltre che il linguaggio dell’amore e quello del cuore non sentono ragioni e non vedono la differenza tra uomo e donna.

Quella è l’unica lingua universale che tutti i popoli della Terra capiscono, accettano e rispettano, sembra scontato ma al cuore non si comanda.

I gay non scompariranno come un brutto sogno solo perché si fa finta che essi non esistono.

I gay ci sono sempre stati e sempre ci saranno perché dopotutto è bello che qualche volta nel mondo nasca qualcuno che vada “contro-natura”, che non sia “conforme alla massa”, che si senta libero di amare chi vuole senza avere paura di gridare al mondo CI SONO ANCHE IO!

Favolose narrazioni dal mondo Transessuale e Transgender.

Si conclude con una giornata dedicata al mondo Trans la prima rassegna letteraria GLBTQ di Siena.


Ad aprire la terza e ultima giornata della rassegna letteraria “Verba volant, scripta … Queer” è Giulia che presenta senza troppo preamboli il primo ospite, Porpora Marcasciano, transessuale e membro del MIT.

La peculiarità del libro Favolose Narranti della Marcasciano è quella di dar voce diretta al mondo transessuale, che presenta nel suo complesso una varietà di testimonianze.

“le testimonianze che vengono da questi 10 racconti è quello di essere variegati ed eterogenei, sono storie di dolore ma anche di gioia infinita, la gioia che deriva dall’essere finalmente se stessi, di riscoprire una parte del proprio io” ci spiega l’autrice, ricordando come ci si può ritrovare in queste storie indipendentemente dal fatto di essere in “transizione”.

“Perché favolose?” è la domanda quasi scontata della relatrice.

“Silvia Riveira, l’apripista del mondo trans, dice al dottore quando la visita per il servizio militare di non essere né donna né uomo, ma di essere favolosa… beh alla fine tutti noi siamo favolosi già solo per essere noi stessi! Più profondo è magari il significato di narrazione: volevo che si comprendesse come questi racconti rappresentano la conoscenza di sé, una sorte di auto-psicoanalisi” e continua la Marcasciano “mia musa ispiratrice è Lucy (Il mio nome è Lucy – Gabriella Romano) transessuale oggi donna di 85 anni che ha vissuto anche la reclusione a Dachau”.

Appare evidente dalle parole dell’ospite di come il mondo trans si muova su due binari: quello della conoscenza di se stesso e quello del confronto con la società e con il mondo medico e della chirurgia.

“L’intento del mio libro è stato quello di dare voce a delle persone che sono sempre state abituate a leggere di loro stesse e del loro mondo da altri che ben poco in realtà ne sanno… la tendenza del transessuale è quello della normalizzazione, è la continua ricerca di una condizione libera da ogni paura dovuto dalla trans fobia divampante; non dimentichiamoci che l’Italia è la prima Nazione europea per omicidi di trans”.

Con questa affermazione si conclude la testimonianza di Porpora Marcasciano che lascia la parola a Carolina seconda relatrice della giornata.

“sono lieta di avere qui con noi Carrino che ci presenta il suo libro Pozzoromolo, un testo sicuramente non facile in cui si incontra Gioia un travestito, transessuale richiuso/a in un ospedale psichiatrico militare con l’accusa di aver ucciso un uomo”.

Dopo l’introduzione di Carolina prende la parola l’autore “ il libro non ha una struttura classica e presenta un linguaggio ragionato che si muove in due modi distinti: è più comprensibile quando Gioia è lucida, diventa quasi un flusso di coscienza quando è sotto l’effetto degli psicofarmaci…. Gioia vive senza tempo cullata in un eterno presente vive il passato solo attraverso i ricordi che trascrive in lunghe pagine salvate su un pc… Gioia non è solo vittima e non è solo carnefice…”.

Tra le righe del libro si coglie un’aperta denuncia alla società, una società fatta di rappresentazioni, di conformismo, di stereotipi che non lasciano spazio all’autodeterminazione personale. E si coglie come invece sia insito dell’uomo, inteso come uomo o donna che sia, di sentirsi accettato e membro di qualcosa.

“L’uomo è tale solo se corona il suo senso di appartenenza!”conclude Carrino tra gli applausi generali della platea.

La prima rassegna di cultura GLBTQ di Siena si conclude così, tra qualche ringraziamento, tra gli applausi e la felicità degli organizzatori.

Una tre giorni che ha aperto gli orizzonti di tutti ivi compresi gli omosessuali presenti e che ha testimoniato la finalità dell’Associazione Movimento Pansessuale di sensibilizzare l’opinione pubblica sul mondo dell’omosessualità, abbattendo pregiudizi e stereotipi.


Quando l’amore si tinge di impegno politico e sociale.

La seconda giornata della rassegna “Verba volant, scripta…Queer” si colora di omosessualità maschile.


Sabato 15 maggio 2010, nonostante la pioggia che rattrista la giornata tutt’altro che primaverile di Siena, la libreria Becarelli è piena e non aspetta altro che l’avvio della seconda giornata della rassegna letteraria di cultura GLBTQ “Verba volant, scripta…Queer”.

Relatore di questa seconda giornata, totalmente incentrata sul tema dell’omosessualità maschile, è Francesco che immediatamente presenta alla platea gli ospiti “ Sono lieto di avere qui oggi due scrittori importanti con cui poter affrontare il tema dell’omosessualità maschile: Giancarlo Pastore con il suo Io Non So Chi Sei e Franco Buffoni con Zamel”.

Due libri completamente diversi, il primo raccolta di racconti a tematica gay, l’altro un saggio con cornice letteraria che assume i toni di una enciclopedia della cultura omosessuale occidentale.

Si capisce sin dalle prime battute che oggi il festival si colorerà anche di impegno sociale e politico, di come l’uso della scrittura, nonostante censure e diffidenza ormai diffusa, resti ancora un’arma da sfruttare per la rivendicazione della propria battaglia civile ai fini di un riconoscimento giuridico della propria manifestazione d’amore.

“il mio libro nasce con l’intento di essere un regalo al mio compagno, come inizialmente sarà, e solo dopo decido di pubblicarlo” esordisce così il Pastori e continua “ proprio per questo i racconti vanno avanti su due filoni, il primo dell’autobiografia personale e il secondo in cui convergono sia la cornice letteraria che un impegno politico e sociale di cui dovevo farmi testimone”.

Il tutto nasce dopo un tragico avvenimento di Torino: un ragazzo si suicida ed è chiaro come tale atto sia riconducibile ad uno “stress da omofobia”.

“il mio è un libro in cui si lotta contro l’omofobia, quella esplicita ma anche quella latente, quella interiorizzata da molti… mi sono chiesto cosa sapevo fare e l’unica risposta è stata IO SO SCRIVERE, O ALMENO CI PROVO E CREDO DI FARLO BENE. È per questo che scrivo, scrivo per protesta, scrivo per segnalare che il problema dell’omofobia non è un incubo del nostro inconscio ma esiste davvero e molto spesso viene interiorizzato”.

Alla domanda sul significato del titolo Pastori risponde “ io non so chi sei e non ti giudico… eppure nonostante tutto io ho voglia di conoscerti ho voglia di sapere di te”.

“si può affermare che i personaggi siano alla ricerca di una normalità?” incalza Francesco. “ beh dipende da cosa si intende con normalità, di certo non cercano la via per la guarigione, perché non prendiamoci in giro non si guarisce perché non è una malattia, però cercano di stare bene con loro stessi e con la società.. spesso ce la fanno con le persone ma vista l’arretratezza del nostro Paese nel tessuto sociale….”

Insieme con omosessualità e omofobia emerge un altro protagonista incontrastato dei racconti, la famiglia. Sia la famiglia originaria composta da madre e padre, zie, zii.. sia la nuova famiglia, quella che i personaggi costruiscono insieme con il partner.

“le persone omosessuali devono avere lo stesso potere di autodeterminazione che viene dato agli etero, devono essere liberi di sposarsi se vogliono e di potersi definire famiglia senza aver paura di non essere compresi!”.

Si conclude così l’intervento del Pastori che, dopo un breve break, lascia la parola a Franco Buffoni, secondo ospite della giornata.

“Zamel è una parola araba usata nel Maghreb per offendere le persone omosessuali con ruolo passivo” precisa l’autore presentando la sua opera come un saggio sulla cultura omosessuale che si sviluppa nella cornice letteraria dell’incontro tra tre uomini gay di diversa origine geo-culturale ma anche generazionale.

“Omosessuali non si nasce né si diventa, omosessuali si è”, con queste parole Buffoni risponde ad una confronto sollevato da una persona della platea durante il break, sulle “cause” dell’omosessualità.

Lo scoglio più grande con cui oggi ci si batte, secondo l’autore, è “quella monarchia residuale di quel vecchietto di bianco vestito”, è la Chiesa e la sua folle ideologia totalizzante. “La Chiesa rappresenta il passato e lo stallo, l’Europa con le sue norme contro la discriminazione per sessualità e il riconoscimento delle coppie omosessuali segna il futuro e la modernità verso cui bisogna tendere”.

L’autore ci descrive come la categoria mentale e discriminatoria di OMOSESSUALE sia nata nel corso dell’800 e che addirittura quella di ETEROSESSUALI è nata solo in risposta della precedente: “viviamo in una cultura della negazione dove prima si nega e poi si ribadisce quale sia la norma, o normalità! Ed è sempre colpa di quell’omino di bianco vestito (Benedetto XVI)”.

E poi si passa a ricordare l’Italia di qualche anno fa: “ negli anni ’70 in Spagna ancora c’era il Clerico-Franchismo e noi eravamo veramente un Paese all’avanguardia, si preparava una legge sul divorzio, sull’aborto, sembrava veramente che ci fosse una riscossa nel campo dell’acquisizione dei diritti civili…e poi invece abbiamo subito uno stallo che ci ha bloccato e in pochi anni la Spagna è diventata quello che è e noi invece…. La battaglia del movimento omosessuale deve essere in primis quella di combattere i narcisismi interni e poi quella di distruggere la cultura abramitica che ci viene imposta dalla Chiesa Cattolica… non me la prendo con l’omino di bianco vestito, poverino ha già così tanti problemi di suo, sarebbe come sparare sulla croce rossa…!!!”.

Con questa battuta si conclude la seconda giornata della rassegna letteraria “Verba volant, scripta … Queer” organizzata dal Movimento Pansessuale di Siena insieme alla libreria Becarelli.

L’appuntamento con l’ultimo incontro è per domenica 16 maggio 2010 ore 17.30.


AL VIA LA RASSEGNA “VERBA VOLANT, SCRIPTA … QUEER”

È partita ieri la prima rassegna letteraria interamente dedicata al mondo GLBTQ a Siena presso la libreria Becarelli organizzata dall’Associazione Movimento Pansessuale. L’evento si propone tre giornate, il 14-15-16 Maggio, in cui analizzare le tre branche del mondo omosessuale e trans.

Ieri era il turno dell’omosessualità femminile con ospiti la scrittrice emergente Julie Maggi e Delia Vaccarello, giornalista de L’Unità, dove cura la rubrica settimanale LIBERI TUTTI.

“Sono felicissima di vedere una così grande partecipazione a questo evento culturale, il primo nella storia del panorama senese”, queste le prime parole di Elenora, curatrice insieme ad altri membri dell’Associazione del progetto del festival letterario, e continua “ la finalità di questi tre incontri è quella di proporre ad un pubblico più ampio testi che spesso vengono destinati solo ad un pubblico di nicchia. La diversità va conosciuta per capire forse un po’ meglio che alla fine amiamo tutti allo stesso modo indipendentemente se il nostro sentimento si indirizza verso una persona del nostro stesso sesso. Non parliamo solo di omosessualità, ma anche di omoaffettività. Verba volant, scripta…Queer deve servire a superare tutti quei luoghi comuni che spesso avvolgono la comunità GLBTQ, attraverso l’incontro con punti di vista diversi”.

Breve e intenso l’intervento della curatrice dell’evento a cui si affianca Alessandro Maggi presidente dell’Associazione che puntualizza come questo festival sia solo un ulteriore tassello di un progetto più

ampio di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti del mondo omosessuale. Ricorda come l’Associazione abbia organizzato una rassegna cinematografica OLTRE LA DIFFERENZA, una giornata in memoria de L’OMOCAUSTO, L’OLOCAUSTO DIMENTICATO, un incontro sulla trans fobia e uno sull’importanza di confrontarsi con i nuovi modelli di famiglia, TUTTE FAMIGLIE.

A prendere poi la parola è l’emergente Julie Maggi, graphic novelist che col suo primo romanzo Elenoir ha rotto gli schemi tradizionali del romanzo all’italiana.

La sua pubblicazione non è solo testo ma anche immagini, tavole, è un insieme di stile, parole, sentimento e di immagini in bianco e nero che rappresentano alla perfezione la sua doppia anima di scrittrice e fumettista.

“Elenoir è un momento di analisi introspettiva in cui esperienze autobiografiche si intrecciano ad esperimenti stilistici e letterari che devono però essere finalizzati a ricostruire un immaginario collettivo in cui un po’ tutti possono ritrovarsi” ci spiega la giovane scrittrice. Eleonora sposta il discorso su un capitolo del libro, JESUS, e incita la Maggi a spiegare il suo rapporto con la spiritualità.

Quello che ne viene fuori è il ritratto di una spiritualità che si concretizza negli attimi di felicità che noi tutti viviamo quotidianamente: “l’apice della mia spiritualità… quando nascono i fiori nel mio giardino!” risponde con grande naturalezza la Maggi.

Si scende poi verso argomenti più spinosi: quali le difficoltà incontrate nella diffusione del romanzo.

“Principalmente tre” risponde la scrittrice. Innanzitutto il genere poiché il graphic novel risulta ancora nuovo nel panorama italiano, poi il fatto che si trattasse di un libro a tematica omosessuale, con accenni a crisi, uso di droghe, a depressioni, e poi il problema della grafica, trovare pertanto un editore che non collegasse le immagini ad una narrativa per bambini”.

“E la tua famiglia come l’ha presa?”insiste Eleonora cavalcando curiosità di tutta la platea. “ E’ ovvio all’inizio non erano entusiasti, vengo da un paesino della Puglia, del sud. Ma alla fine l’hanno presa meglio di come potessi pensare”.

L’intervento della Maggi si conclude con la lettura di un passo del libro mentre la scrittrice ha deliziato la platea eseguendo su tela un suo disegno.

Dopo un piccolo break presso l’angolo bar della libreria si riprende con l’intervento della Vaccarello accompagnata da Mailèn Cordoba autrice del racconto Regina di Tre Cuori contenuto nella raccolta Pressoché Amanti.

L’intervento della giornalista si incentra su come l’amore sia necessità di partire, come poi è il titolo del suo libro In Amore Si Deve Partire.

Ma cosa significa PARTIRE? Non solo partire per seguire fisicamente l’amante, bensì perdersi nell’altro lasciarsi andare, abolendo stereotipi e pregiudizi.

“Il mio è un libro contro le ipocrisie e gli stereotipi, gabbie morali da cui bisogna liberarsi”, ci tiene a sottolineare la Vaccarello.

Attraverso toni accattivanti la scrittrice spiega come dal suo punto di vista l’amore è trasformazione, è cambiamento continuo che si sviluppa attraverso lo svelamento reciproco degli amanti. Si da l’avvio ad un processo irrazionale da cui è impossibile tornare indietro, quando si ama ci si abbandona e si accetta inconsciamente di abbandonarsi all’ignoto.

“E’ l’intimità il preludio della trasformazione, dell’abbandono all’ignoto…” sottolinea la Vaccarello facendo accompagnare tale enunciazione ad una lettura particolarmente toccante di un passo d’amore del suo libro in cui si mescolano parole come perdita, amore, baci, sesso.

La giornalista passa poi il microfono alla giovanissima Mailèn Cordoba che presenta brevemente il suo racconto, ambientato tra i banchi di scuola, quel luogo dove i giovani adolescenti si affacciano per la prima volta all’amore, un amore che può essere come nel caso dello scritto, un amore saffico, che disorienta e coinvolge allo stesso tempo.

Tra gli applausi generali e prolungati della platea si conclude la prima giornata della rassegna Verba volant, scripta…Queer.

L’appuntamento è sabato 15 maggio 2010 alle ore 17.30 sempre presso la libreria Becarelli per affrontare il tema dell’omosessualità maschile.